Acalasia,
sintomi, cure

—Info—

descrizione della malattia

L’acalasia è una malattia funzionale dell’esofago, la cui incidenza aumenta con l’età raggiungendo i 4,8 casi/anno per 100.000 abitanti in soggetti con oltre 75anni.

La malattia si caratterizza con una alterata motilità del corpo dell’esofago, che non si contrae in modo efficace, e con una alterazione della funzione dello sfintere esofageo inferiore (ossia del muscolo che si trova al passaggio tra esofago e stomaco), che si presenta “ipertonico” (cioè ha una pressione maggiore rispetto allo sfintere sano) e, soprattutto, non si rilascia in modo coordinato quando il bolo alimentare passa dall’esofago allo stomaco: ne consegue un ostacolo al passaggio del cibo (del bolo alimentare) dall’esofago allo stomaco.

SINTOMI

Queste alterazioni determinano la principale sintomatologia del paziente affetto da acalasia, cioè la disfagia, ossia la difficoltà alla deglutizione del cibo.

Si accompagna quasi sempre a rigurgito di cibo non digerito (78%), sintomo che si manifesta in genere più tardi, quando l’esofago si dilata. In tale fase sono frequenti aspirazioni, con broncopolmoniti recidivanti (12%). Alla disfagia e al rigurgito si accompagna un calo ponderale, spesso importante. Il dolore è un sintomo meno frequente, ed in genere si osserva nelle fasi iniziali della malattia, ed è forse espressione della contrazione muscolare del corpo esofageo. Altre volte infine, unico segno della malattia può essere una alitosi persistente, dovuta al ristagno alimentare endoesofageo.

ESAMI

In genere il primo esame che viene richiesto è una esofagogastroduodenoscopia perché i sintomi sono spesso confusi con quelli del reflusso gastro-esofageo.
Un esame molto indicativo per la diagnosi di acalasia è l’esame radiografico delle prime vie digestive: il paziente beve un liquido opaco ai raggi X (in genere solfato di bario), il transito di questo “pasto opaco” viene seguito con fluoroscopia e si evidenzia l’arresto di questo al passaggio cardiale. La endoscopia può essere, nelle fasi iniziali, del tutto negativa. Nelle fasi conclamate essa conferma la dilatazione viscerale e quantifica una eventule esofagite da stasi. Il cardias in genere è in atteggiamento di chiusura, sondabile con sensazione di “scatto”.
L’esame che permette una diagnosi di certezza è la manometria esofagea ad alta risoluzione.. Questa consiste nel posizionare una sottile sonda nell’esofago, attraverso una narice, e registrare le variazioni di pressione all’interno del lume esofageo in concomitanza con le deglutizioni.
L’esofago normale durante una deglutizione ha delle contrazioni progressive (peristalsi) che “spingono” il bolo verso lo stomaco.

A livello del cardias vi è una ristretta zona (di 3- 4 cm) dove il muscolo rimane normalmente contratto ed impedisce al contenuto gastrico di tornare indietro nell’esofago (Sfintere Esofageo Inferiore): questa zona al momento dell’arrivo del bolo si rilascia e ne permette il passaggio.

Nei pazienti acalasici, la peristalsi scompare (ci sono delle contrazioni simultanee in tutto l’esofago) ed il cardias non si rilascia.
La pH-metria esofagea non è in genere indicata. Lo diventa dopo la terapia (endoscopica o chirurgica per evidenziare la comparsa di una eventuale malattia da reflusso post-operatoria o post-dilatazione

Esame Radiografico Esofago

Codice esenzione Asl: RI0010

Trattamenti per l’acalasia esofagea

L’Acalasia non si puo’ guarire, ma se ne possono curare i sintomi (disfagia, rigurgito, dolore toracico) in moltissimi pazienti e migliorarne la qualità di vita.
Tutte le terapie dell’acalasia si basano sulla diminuzione della pressione a livello dello Sfintere Esofageo Inferiore per permettere il passaggio del bolo attraverso il cardias, che avviene per gravità. Si possono utilizzare terapie farmacologiche (con farmaci che rilassano la muscolatura liscia), oppure lo scopo può essere ottenuto con metodica endoscopica o chirurgica.
La terapia medica non è in genere efficace. Vi sono alcuni studi che dimostrerebbero una parziale efficacia dei Ca-antagonisti e dei nitroderivati, ma il ruolo della terapia medica è solo in quei pazienti che non possano tollerare trattamenti più invasivi per le loro condizioni generali, o che le rifiutino. La terapia medica è invece utile nel periodo di attesa tra la diagnosi e la disponibilità di un Centro specializzato ad effettuare il trattamento risolutivo.

La metodica endoscopica comprende tre tecniche alternative: l’iniezione endoscopica nello sfintere esofageo inferiore della tossina botulinica da una parte, la dilatazione mediante un palloncino dello sfintere esofageo e la miotomia perorare (POEM).
Il trattamento chirurgico del disturbo motorio dell’esofago si ottiene mediante la riduzione dell’ostacolo alla progressione del cibo,incidendo il muscolo sfintere esofageo inferiore, riducendone così la pressione. L’intervento viene eseguito in anestesia generale con un approccio generalmente laparoscopico. L’intervento consiste nell’isolamento della superficie anteriore dell’esofago e della parte superiore dello stomaco e nell’incisione della muscolatura del viscere esofageo e della parte superiore dello stomaco.
L’intervento viene completato con il confezionamento di una plastica antireflusso: al fine di prevenire il più possibile il reflusso dallo stomaco nell’esofago, la parete anteriore dello stomaco viene ripiegata anteriormente sull’esofago e fissata ai margini della miotomia.
Indipendentemente dal tipo di trattamento è comunque utile continuare ad avere dei controlli endoscopici ogni 3 o 4 anni. Una recidiva dei sintomi si verifica nel 10-20% dei pazienti trattati. E’ possibile ritrattare questi pazienti con terapie diverse da quella primaria, e cioé, per esempio, si possono operare pazienti dilatati o trattati con botox o dilatare pazienti operati con miotomia laparoscopica.