L’acalasia è una malattia molto rara che colpisce una o due persone all’anno ogni 100.000 abitanti. È caratterizzata da difficoltà nella deglutizione, con sensazione riferita dai pazienti del boccone che si arresta dietro lo sterno, la necessità di bere acqua per aiutare il boccone a scendere in stomaco o, addirittura, la necessità di rigurgitare il cibo bloccato ed accumulato nell’esofago. Speso ciò si traduce in una perdita del peso corporeo e, a volte, episodi di tosse notturna, quando il cibo fermo nell’esofago ritorna indietro nella bocca e/o nelle vie aeree. La diagnosi di acalasia viene fatta dopo molti mesi o anche anni dall’inizio della sintomatologia, in quanto molti medici non conoscono bene questa malattia.
In condizioni normali, il cibo è trasportato dalla bocca allo stomaco con un processo chiamato “peristalsi”. Quando si deglutisce, nell’esofago superiore inizia una contrazione che lentamente si propaga e discende nello stomaco, spingendo appunto il cibo nello stomaco. Alla fine dell’esofago c’è tuttavia un muscolo circolare che è abitualmente chiuso per impedire che l’acido dello stomaco ritorni indietro in esofago. Ovviamente, tale muscolo, chiamato Sfintere Esofageo Inferiore (o SEI) deve rilasciarsi ed aprirsi quando si deglutisce, per consentire al cibo di entrare in stomaco. Questo processo finemente coordinato tra peristalsi e tempestivo rilasciamento dello sfintere è controllato da cellule nervose localizzate nella parete dell’esofago. Tali cellule nervose, infatti, contengono tutta la programmazione (una specie di “software” quindi) necessaria a controllare perfettamente la coordinazione della contrazione e del rilasciamento delle cellule muscolari. Quindi, per poter avere un trasporto appropriato ed efficace del cibo dalla bocca allo stomaco, tutto deve essere perfettamente coordinato da tali cellule nervosa, altrimenti il cibo rimane bloccato nell’esofago.
Attraverso studi su frammenti di tessuti ottenuto in Corso di miotomia laparoscopica o chirurgica, siamo oggi in grado di sapere che tali cellule nervose della parete dell’esofago e dello sfintere sono molto ridotte o addirittura assenti nei pazienti con acalasia. Tale perdita di cellule nervose determina la scomparsa della peristalsi, per cui, quando un paziente deglutisce del cibo, questo non può essere efficacemente spinto nello stomaco, e rimane bloccato nell’esofago. Anche lo sfintere non riesce a rilasciarsi, impedendo al cibo di passare in stomaco, aumentando così il ristagno di cibo in esofago. Questo spiega perché la deglutizione diventi difficile, ed il paziente sia costretto a bere un quantitativo extra di liquidi per spingere il cibo in stomaco; perché alcuni pazienti abbiano dolore al petto quando il cibo è bloccato in esofago; perché il cibo ritorni in bocca; e perché i pazienti debbano rigurgitare (o “vomitare”) per svuotare il loro esofago.
Sfortunatamente, il motivo per cui nella acalasia tali cellule nervose scompaiano non è al momento ancora chiaro. Attualmente si ritiene che le normali cellule immunitarie siano in qualche modo “confuse” e considerino le cellule nervose dell’esofago come “estranee”, e quindi le attacchino per distruggerle. È ancora un mistero che cosa possa provocare una tale “confusione” nelle cellule immunitarie dell’organismo dei pazienti che sviluppano l’acalasia esofagea. Una teoria è che una infezione virale possa dare inizio a tale processo.
È noto che certi virus possono attaccare specificatamente le cellule nervosa. Di conseguenza, le cellule immunitarie possono attaccare le cellule nervose infettate per rimuovere il virus, ma allo stesso tempo possono distruggere le cellule nervose stesse. Il motivo per cui ciò accada solo in alcuni soggetti, probabilmente “predisposti” che poi sviluppano l’acalasia, e non nel resto della popolazione è un altro mistero. Probabilmente alcuni fattori genetici rivestono un ruolo importante. Alcuni studi infatti hanno dimostrato che alcuni geni coinvolti nel riconoscimento delle cellule “estranee” possano essere alterati nell’acalasia, possibilmente spiegando perché le cellule immunitarie riconoscano le cellule nervose come “estranee”. È chiaro come siano necessarie ulteriori ed approfondite ricerche per trovare quale sia la reale causa della acalasia.
E’ auspicabile che ulteriori ed importanti informazioni scientifiche possano derivare da uno studio combinato attualmente in corso presso l’’Università di Padova e l’Università Cattolica di Lovanio (Belgio): ciò allo scopo di migliorare ulteriormente il trattamento dei pazienti affetti da acalasia. La speranza è quella di poter impedire che le cellule nervosa dell’esofago vengano attaccate e distrutte, o anche di poter trapiantare nuove cellule nervose per ripristinare il “software” distrutto, in modo da ridare nuovamente all’esofago e allo SEI un normale funzionamento.

 


Prof. Dr. G.E. Boeckxstaens
Div. di Gastroenterologia
Università Cattolica di Lovanio
Lovanio, Belgio

Traduzione: Dr. Andrea Costantini,
Scuola di Specializzazione in Chirurgia Generale,
Università di Padova